Un quadro sulla situazione femminile in Puglia elaborato dal Documento strategico preliminare della Regione Puglia 2007-2013, che segue al Documento di indirizzo approvato in Giunta il 21 settembre 2005, e al Documento di novembre con cui l’Assessorato alla Programmazione ha avviato il confronto con le organizzazioni del partenariato istituzionale e socio-economico. L’accesso al mercato del lavoro della componente femminile, in Puglia, risulta essere ancora oggi molto limitato: il tasso di attività femminile al 31/12/2003 era, infatti, molto modesto (36,9%) ancora di più se confrontato con quello maschile (62%) la situazione di forte svantaggio femminile nella regione appare ancora più evidente se si osserva il tasso di occupazione che presenta in Puglia un divario particolarmente accentuato tra maschi (occupato il 63,7% della popolazione maschile di età compresa fra i 15 ed i 64 anni) e femmine (occupato il 26,5%);
la bassa occupazione femminile é rimarcata dal confronto con l’analogo valore per l’Italia nel suo complesso (42,7%); in concomitanza con la scarsa partecipazione al mercato del lavoro delle donne pugliesi, sia rispetto ai maschi regionali che alle donne italiane, si registrano nella regione anche alti livelli di disoccupazione femminile (21,1%). Un ulteriore riscontro alla debolezza della manodopera femminile può essere evidenziato quando si mostri che il 12,2% delle occupate pugliesi lavora nell’agricoltura (nel Mezzogiorno è solo il 5,5% ed in Italia il 3,7%) contro la pur alta percentuale corrispondente maschile pari al 10,5%. Nell’industria lavora il 13,2% delle occupate (essenzialmente nel settore della trasformazione industriale), mentre i lavoratori pugliesi lavorano per il 32% nell’industria, con quote quasi equamente distribuite tra costruzioni (13,3%) e trasformazione(17,7%). Inoltre il 79,6% delle occupate pugliesi sono lavoratrici dipendenti, mentre la quota scende a 70% per i lavoratori maschi, in linea con le percentuali nazionali e meridionali. Su una condizione tradizionalmente difficile si sono poi innestate le dinamiche congiunturali che hanno visto la Puglia colpita, in modo sempre più grave, dalla crisi di ampi settori dell’industria manifatturiera. Tutto ciò si rileva chiaramente dai dati sull’occupazione che evidenziano come le prime vittime del calo degli occupati siano proprio le donne. Infatti i dati mostrano come la crisi colpisca in particolare la componente femminile con un tasso di disoccupazione in aumento dal 20,6 del 2002 al 21,8% del 2004, in controtendenza rispetto all’analogo dato maschile che passa dal 10,7 al 10,2% ed ancor più rispetto al dato delle regioni meridionali, in cui si passa dal 26,4 al 25,3% per le donne e dal 14,1 al 13,8% per gli uomini. Esiste quindi una vera emergenza che nasce proprio nei settori produttivi in cui maggiore è la presenza di donne, come il tessile abbigliamento calzaturiero, che negli anni passati avevano sostenuto l’occupazione femminile. Tra i settori di attività economica, solo il commercio ha mostrato un andamento positivo dell’occupazione femminile nel 2004 rispetto all’anno precedente con un + 2,2%, mentre tutti gli altri settori hanno mostrato una dinamica negativa con punte del -8,3% nel settore artigiano della produzione e del -2% nel settore manifatturiero e nel terziario avanzato. Altri elementi concorrono a sottolineare le difficoltà della condizione femminile nella regione: i dati sull’istruzione mostrano come la percentuale di femmine che transitano dalla scuola dell’obbligo alla scuola secondaria sia più bassa rispetto a quella maschile, in controtendenza con quanto avviene nel resto d’Italia; sebbene l’offerta di lavoro femminile si presenti con livelli di qualificazione professionale spesso migliori di quelli della componente maschile (ad esempio, il tasso di passaggio dalla scuola superiore all’università, nell’anno accademico 2001-2002, è del 72,1% per le donne e del 57,8% per gli uomini;inoltre le laureate ogni cento donne di 25 anni sono il 20,4% mentre i laureati sono il 15,4% degli uomini della stessa età), la distribuzione nelle professioni evidenzia un forte sottodimensionamento della presenza femminile nelle posizioni più elevate e dotate di maggiore autonomia decisionale, rispetto alle professioni che richiedono, invece, una più bassa qualifica e una minore autonomia; l’assenza o l’insufficienza di un adeguato sistema di welfare costituisce non solo un ostacolo al miglioramento delle condizioni di vita e di indipendenza delle donne, ma si configura come vera e propria azione discriminatoria che, di fatto, rende più difficile la loro partecipazione attiva al mercato del lavoro. Infatti, la domanda fondamentale delle donne è quella di una maggiore dotazione, di una maggiore efficienza e qualità e di una maggiore razionalizzazione dei servizi di distribuzione commerciale, di carattere educativo, di integrazione del lavoro di cura e di mobilità. FONTE PMION.net
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