Frena il calo dell’occupazione tra i laureati e diminuisce il tasso di disoccupazione. Ma aumenta la precarietà e lievita la quota di giovani che continuano a studiare. E’ quanto emerge dall’VIII indagine sulla condizione occupazionale dei laureati svolta da AlmaLaurea, il consorzio che raggruppa 45 atenei italiani (oltre il 65% dei laureati). Lo studio, presentato alla ’Sapienza’ di Roma, durante il convegno ’Dall’università al lavoro’, ha coinvolto 36 atenei e quasi 74 mila laureati. Per la prima volta, poi, sono stati analizzati i laureati che hanno concluso gli studi con una laurea di primo livello. Tra il 2003 e il 2004, si è registrato un calo dello 0,5% dell’occupazione fra i laureati. Diminuisce, inoltre, l’occupazione stabile, soprattutto nel settore pubblico, e permangono forti divari di genere, a scapito delle donne, e fra Nord e Sud del Paese. I laureati pre-riforma guadagnano leggermente di più rispetto alla precedente indagine, ma sempre meno rispetto a tre anni fa, e sembrano complessivamente soddisfatti del proprio lavoro, anche se la laurea perde terreno in termini di efficacia, a causa dell’aumentata mancata utilizzazione delle competenze. Mentre gli stage e le conoscenze informatiche fanno la differenza in termini occupazionali, master ed esperienze all’estero faticano ad essere adeguatamente apprezzati ai fini del lavoro e del guadagno. Si sfata, poi, il luogo comune delle cosiddette ’lauree deboli’ e i corsi che più hanno risentito della crisi di vocazioni (fisica, chimica, matematica) in realtà mostrano livelli occupazionali superiori alla media. Il problema, dunque, in Italia non sembra essere tanto l’ingresso dei laureati di questi percorsi nel mondo del lavoro - avverte AlmaLaurea - quanto piuttosto il loro numero ridotto. L’Italia, rispetto al contesto internazionale, dove pure si è fatta sentire la crisi delle vocazioni scientifiche, sconta un ritardo sul numero di laureati formati. “La questione di fondo, piuttosto che l’occupazione dei laureati attuali, sembra riguardare quella della loro occupabilità - si legge nel testo - il giorno in cui fossero accresciuti di un numero tale da non essere più assorbiti in un sistema produttivo come quello italiano che continua a investire poco in ricerca e in innovazione”. Inoltre, si conferma un livello diffuso di disorientamento e di scarsa conoscenza anche solo degli aspetti formali dei titoli introdotti dalla riforma fra gli operatori del mondo del lavoro. E, quindi, risulta più difficile la loro spendibilità. “Raccogliere la sfida a livello internazionale, accettare la competizione su ricerca e innovazione, valorizzare l’economia della conoscenza, tutto ciò sembra ancora, in gran parte, uno scenario molto, molto distante”, commenta Andrea Cammelli, direttore di AlmaLaurea. Per questo, AlmaLaurea presenta al nuovo governo la sua proposta: “Alla luce delle difficoltà del sistema paese di valorizzare il capitale umano formato dall’Università - sottolinea - si chiede il riconoscimento di agevolazioni per l’assunzione dei laureati. Un’azione a sostegno dei giovani e delle imprese, soprattutto medio-piccole, in difficoltà a gestire ricerca, innovazione e internazionalizzazione” I dati dell’indagine, dice AlmaLaurea, “sembrano evidenziare il tendenziale esaurirsi del periodo più critico registrato negli ultimi anni dal mercato del lavoro dei laureati”. La percentuale di occupati a un anno dal conseguimento del titolo, si riduce nell’ultima rilevazione di 0,5 punti percentuali (dal 54,2% fra i laureati del 2003 al 53,7% fra quelli del 2004), mentre aumenta la quota di laureati pre-riforma che si dichiarano in cerca di lavoro (dal 25,8% al 26,1%). L’occupazione a tre anni dalla laurea, invece, è aumentata nell’ultima rilevazione di quasi un punto percentuale, passando dal 72,9% fra i laureati del 2001 al 73,8% fra quelli del 2002, mentre a cinque anni resta sostanzialmente stazionaria (era 86,4% nel 1999, è diventata 86,3% nel 2000). Quanto al tasso di disoccupazione, nell’arco dell’ultimo anno fa registrare una contrazione sia a uno che a tre anni dalla laurea (-1,5 punti per entrambi) e una sostanziale stazionarietà dopo cinque. La spiegazione della diminuzione del peso delle forze di lavoro sembra ritrovarsi, almeno in parte, nella quota di laureati che proseguono la propria formazione post-laurea, seppure privi di specifiche forme retributive. Inoltre, proseguono il lavoro iniziato prima della laurea 27 laureati su cento. A un anno dall’acquisizione del titolo, l’occupazione varia molto in funzione del gruppo disciplinare. Se si tralasciano i percorsi di studio (medico, giuridico e scientifico, soprattutto) in cui l’ingresso nel mercato del lavoro è ritardato per l’ulteriore formazione necessaria all’esercizio della professione, il massimo di occupazione si registra fra i laureati in ingegneria (76%). In numerosi percorsi le difficoltà risultano lievemente accresciute rispetto all’anno passato (la contrazione più consistente, pari a 2 punti percentuali, si registra nel chimico-farmaceutico), ma si rilevano segnali di ripresa per i gruppi insegnamento (+4%), psicologico (+1,8%), letterario (+1%), linguistico (+0,9%). LABITALIA
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