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Confindustria, solo 2,2% imprese utilizza nuovi contratti legge Biagi
10/03/2006 NP-2849

Solo il 2,2% delle imprese ha fatto ricorso, nel 2004, a contratti di lavoro condiviso, a chiamata, staff leasing e d’inserimento, le nuove forme introdotte dalla legge Biagi.
E’ quanto emerge da un’indagine svolta da Confindustria per monitorare l’applicazione della riforma del mercato del lavoro. Lo studio, che tenta anche di testare il livello di gradimento degli imprenditori interpellati sulle modifiche apportate dalla legge 30, ha coinvolto un campione di 2.000 aziende (industrie metalmeccaniche e chimiche e servizi), principalmente localizzate al Nord (il 63% nel Nordovest, il 19% nel Nordest, il 13% nel Centro e solo il 5% nel Mezzogiorno).
Nel 2004, secondo la fotografia scattata da Confindustria, le assunzioni totali sono state 50.000. Di queste, il 50% e’ avvenuto attraverso rapporti a tempo indeterminato, poco più del 39% con contratti a tempo determinato, l’8,7% tramite contratti d’inserimento o ex cfl (contratti di formazione lavoro) e solo il 2,4% attraverso l’apprendistato. Dunque, secondo Confindustria, un’assunzione su due è avvenuta usando la formula del contratto permanente e, inoltre, più della metà (52,6%) deriverebbe da un precedente rapporto temporaneo, che spesso rappresenta il tramite verso la stabilità. Quanto al titolo di studio dei lavoratori full-time, il 40% e’ costituito da diplomati e il 14,2% da laureati, di cui metà in discipline scientifiche. Ma le percentuali sono destinate a salire se coinvolgono i giovani: tra chi non supera i 30 anni di età, infatti, i diplomati rappresentano il 71% e i laureati il 22%.
Per quanto riguarda, invece, le nuove forme contrattuali introdotte dalla legge 30, l’analisi registra una scarsa incidenza sul mercato del lavoro. Solo il 2,2% delle imprese coinvolte, infatti, vi ha fatto ricorso. Lo scarso interessamento, secondo il giudizio del campione complessivo, si spiega con le difficoltà connesse all’applicazione della normativa (40%), ai rapporti con i lavoratori coinvolti (21,9%) e, in piccola parte, alle relazioni sindacali (9,4%). Per almeno il 60% delle aziende industriali, poi, il mancato ricorso ai contratti introdotti dalla legge 30 è da ricondurre a problemi di organizzazione d’impresa.
Grandissimo è stato, invece, il successo riscosso dai contratti di somministrazione a tempo determinato, che, a giudizio delle imprese, rispondono, in modo significativo, alla variabilità della domanda di mercato di brevissimo periodo. Nel 2004, il numero delle ore di lavoro svolto dai lavoratori ‘somministrati’ è stato pari a circa 12,6 milioni, corrispondente all’attività a tempo pieno di circa 7.400 lavoratori, ossia all’1,4% del totale degli addetti. Circa un terzo delle vecchie collaborazioni coordinate e continuative è, inoltre, stato convertito in collaborazioni a progetto. Una stima relativamente bassa è anche quella che riguarda il part time: solo il 12,7% delle imprese industriali lo ha utilizzato, mentre maggiore è la percentuale che riguarda gli addetti nel settore dei servizi (19,5%). In crescita, infine, il ricorso a stage e tirocini, che hanno coinvolto più del 43% delle imprese intervistate, mentre quasi bloccato risulta lo strumento dell’apprendistato, fruito da appena lo 0,4% degli addetti, a causa dei problemi connessi alla regolamentazione della forma contrattuale.
Per saperne di più LabItalia

smile99

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