Sulla base dei nuovi conti nazionali, l’occupazione nel 2005 è diminuita -per la prima volta dal 1995- dello 0,4%, dopo essere rimasta pressoché invariata nel 2004”. Così si legge sull’ultimo bollettino di Bankitalia, che, come al solito, traccia un’approfondita analisi della situazione economica del nostro Paese. A contrarsi di più, nel corso del 2005, è stato il settori dell’ dell’industria in senso stretto, che ha perso l’1,6% degli occupati, proseguendo nel trend negativo segnalato anche nel 2004 (-1,2%). Cala l’occupazione anche in agricoltura (-0,8%). Buona, invece, la performance del comparto delle costruzioni che, secondo l’analisi di Palazzo Koch, ha registrato una crescita occupazionale pari al 2,3%, seguita dal settore dei servizi (+0,3%). In questa situazione di riconosciuta difficoltà, però, l’indagine riporta un dato apparentemente paradossale che registra, cioè, la crescita delle persone occupate in Italia, pari allo 0,2%. Il fenomeno viene spiegato con il forte ricorso al ‘part time’ e, in misura minore, alla Cassa integrazione guadagni che, comunque, per il 2005, si è mantenuta su livelli più elevati rispetto al 2000. I lavoratori in Cig, infatti, vengono classificati come occupati, anche se non vengono ricompresi nelle unità di lavoro perché non prestano la propria opera. Dall’analisi di Bankitalia, emerge anche che, per i lavoratori tra i 15 e i 29 anni, un contratto su due è a termine. La quota di neo-assunti a ‘scadenza’, infatti, è arrivata a coinvolgere, secondo il bollettino, quasi il 50% dei lavoratori under 30, superando la già alta percentuale del 46,4 % registrata nel 2004. Solo il 37,2% dei giovani, compresi nella fascia che va dai 15 ai 19 anni, sono approdati al lavoro stabile, mentre gli autonomi rappresentano il 13% del campione esaminato. La condizione del lavoro a termine non riguarda, però, solo i giovani. Lo studio della Banca centrale nazionale, infatti, registra un aumento generale dei neo-assunti con questa forma contrattuale che va dal 38,6% del 2004 al 40,5% del 2005. Un aumento dell’0,6% che riguarda soprattutto le donne (24,2% contro il 14,2% dell’anno precedente). L’incidenza del ‘part time’ sui lavoratori uomini rimane, invece, invariata rispetto al 2004, attestandosi sulla percentuale del 3,8%. La fotografia scattata da palazzo Koch fornisce anche informazioni relative alle aree geografiche che fanno maggior riferimento al contratto di lavoro a tempo determinato. La stima più alta riguarda il Centro Italia (13,6%), contro il 1,8% del Nord e il 10,7% del Mezzogiorno. Il comparto dei servizi è, infine, quello che presenta la percentuale più importante di lavoratori a termine (16,7%), in crescita rispetto all’11% del 2004, seguito dall’agricoltura (7,3%), l’industria (6,1%) e il settore dell’edilizia (5,5%). Il primo bollettino targato Mario Draghi fornisce, infine, informazioni sulle previsioni di crescita del nostro Paese. La stima indicata è quella dell’1,3%. “L’economia italiana - si legge nel bollettino - dovrebbe crescere, nella media del 2006, a un tasso di poco superiore all’1%. Un tale risultato presuppone, tra l’altro, un ritorno, già nel trimestre in corso, a ritmi di sviluppo prossimi all’1,5% in ragione d’anno”. Numerose le reazioni provenienti dal mondo politico e sindacale. Stizzito il commento di Giulio Tremonti, ministro dell’Economia, che ha dichiarato:“Per me gli unici dati che contano sono quelli dell’Eurostat”. Diversa la posizione di Romano Prodi, leader dell’Unione che invita “a mettere a posto i conti, poiché dal bollettino emerge un incremento fortissimo del debito pubblico e i dati sono assolutamente allarmanti”. Preoccupati, infine, anche i sindacati, che sostengono: “Per il rilancio occorre una politica forte, rigorosa, che però non vuol dire di sacrifici”. FONTE LABITALIA
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