Il sistema sanitario italiano: molti medici e pochi infermieri. E, fra questi ultimi, circa 20 mila sono cittadini extracomunitari inseriti nelle strutture pubbliche e private italiane. Nel solo 2004, nel settore sanitario privato, sono state registrate 13.000 assunzioni di infermieri e altri operatori sanitari extracomunitari, mentre per il 2005 il fabbisogno stimato è di 30.000 unità. Lo rileva un’indagine, presentata a Palermo, al convegno nazionale della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, che ha curato la ricerca insieme all’equipe del Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. In Italia, a differenza degli altri paesi industrializzati, i medici (354.000) sono più numerosi degli infermieri (342.000). Attualmente, le carenze di infermieri sono ogni anno di 5-7 mila unità e quella complessiva è di 99.000 unità. “Gli immigrati in Italia sono circa un quarto dei nuovi assunti in Italia - si legge nell’indagine - e hanno una particolare rilevanza in diversi settori, a partire da quello dell’assistenza alle nostre famiglie e ai nostri anziani”. In Italia vi è un medico ogni 165 abitanti, ricorda Caritas, per cui l’incidenza percentuale è dello 0,60 e quella per mille abitanti del 6,0%. Ad essi si aggiungono i 51.975 odontoiatri, uno ogni 1.124 residenti . I medici di medicina generali impiegati nelle Ausl sono 47.11, di cui 39.493 con indennità di piena disponibilità. Solo in alcune specializzazioni si registra una carenza di addetti (anestesia, radiodiagnostica e radioterapia). Secondo l’Ipasvi-Federazione Nazionale dei Collegi di Infermieri Professionali, Assistenti Sanitari e Vigilatrici d’Infanzia (2006), gli infermieri professionali attivi sono in totale 342.000, il 70% all’interno del Sistema Sanitario Nazionale, il 20% presso strutture private e il 10% come liberi professionisti. Pertanto, gli infermieri sono uno ogni 171 abitanti: la loro incidenza percentuale è dello 0,58 per cento e del 5,8 ogni mille residenti. Nel periodo 2002-2003, secondo un confronto internazionale dall’Ocse, la media in Italia è stata di 5,4 infermieri ogni mille abitanti, un’incidenza molto più bassa rispetto alla media auspicata per i paesi industrializzati (6,9 per mille) e a quella riscontrata negli altri paesi dell’Unione Europea (Francia 7,3 per mille, Regno Unito 9,1 per mille, Germania 9,7 per mille, Olanda 12,8 per mille, Irlanda 14,8 per mille) o nei paesi comunque dell’area dell’OCSE (Stati Uniti 7,9 per mille, Canada 9,8 per mille, Svizzera 10,7 per mille). È in un contesto così deficitario che gli infermieri stranieri stanno conoscendo un aumento rilevante e sono passati negli ospedali da 2.612 nel 2002 a 6.730 nel 2005, così ripartiti per continenti di provenienza: europei 69% (dei quali il 30% neo comunitari e la restante quota di paesi non appartenenti alla Ue), americani (12,5%, per la maggior parte provenienti dal Sud America), asiatici (12,2%), africani (6,6%) e immigrati dall’Oceania (0,4%). Tutte le provenienze sono aumentate numericamente e in particolare l’Europa (da 1.837 a 4.605 infermieri), mentre in termini percentuali gli europei sono stabili, gli africani in diminuzione e gli asiatici in aumento. Tra i paesi più rappresentati vanno annoverati la Romania, la Polonia, la Romania e la Bulgaria in Europa, il Perù, la Colombia, il Brasile in America Latina, la Tunisia in Africa, l’India in Asia. Se si vuole una stima della presenza complessiva, bisogna tenere conto che l’Ipasvi parla di 20.000 infermieri professionali stranieri operanti in Italia non solo nelle corsie di ospedali ma anche negli ospizi e nelle case di cura: è proprio dalle cliniche private, dalle case di riposo e dagli istituti per anziani e disabili non autosufficienti che provengono le maggiori richieste di assunzione. FONTE LabItalia
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