“Il valore del lavoro, come base della Repubblica democratica, chiama più che mai al riconoscimento concreto del diritto al lavoro, ancora lontano dal realizzarsi per tutti, e alla tutela del lavoro in tutte le sue forme e applicazioni e, dunque, anche nelle forme ora esposte alla precarietà e alla mancanza di garanzie”. Con queste parole il neo-presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel suo messaggio di insediamento pronunciato a Montecitorio, ha toccato il tema del lavoro, tra i principi fondamentale della Costituzione richiamati nel suo discorso. Riferendosi all’andamento dell’economia, Napolitano ha sottolineato come inducano a riflettere, “ma non potranno fermarci, i fenomeni di disincanto e di incertezza indotti nelle opinioni pubbliche da un serio rallentamento della crescita dell’economia e del benessere, da un palese affanno nel far fronte sia alle sfide della competizione globale e del cambiamento di pesi e di equilibri nella realtà mondiale, sia alle stesse prove dell’allargamento dell’Unione”. Tra le “debolezze da superare” e i “nodi da sciogliere”, innanzitutto quello del debito pubblico e, insieme, “le debolezze del sistema produttivo”. “Le imprese italiane - ha detto il capo dello Stato - hanno mostrato di saper raccogliere la sfida che viene dall’operare in un mercato aperto e in libera concorrenza e di volersi impegnare in un serio sforzo per la crescita, l’innovazione e l’internazionalizzazione. Esse chiedono allo Stato non di introdurre o mantenere indebite protezioni, ma di favorire la competitività del sistema e gli investimenti privati e pubblici, nonché di riprendere quel processo di sviluppo infrastrutturale che tanta parte ebbe nella crescita del secondo dopoguerra. Ma, all’esigenza di rimuovere limiti e vincoli ingiustificati, si accompagna quella di assicurare regole e controlli efficaci ed efficienti”. Per Napolitano, “il nostro paese non può rinunciare alle sue grandi tradizioni in campo industriale e agricolo, che ancora si esprimono in rilevanti prove di progresso anche tecnologico, tali da dar luogo di recente a casi di straordinario recupero in gravi situazioni di crisi e da animare nuove, vitali realtà produttive”. “Nello stesso tempo - ha aggiunto - appare indispensabile rafforzare e modernizzare il settore dei servizi, e valorizzare con coraggio e lungimiranza il patrimonio naturale e paesaggistico, culturale e artistico senza eguali di cui l’Italia dispone”. Il presidente della Repubblica, napoletano di origine, non ha trascutato nel suo discorso di insediamento l’attenzione per i problemi del Mezzogiorno, “le cui regioni diventano un asse obbligato del rilancio complessivo dello sviluppo nazionale, anche per la loro valenza strategica nella nuova grande prospettiva dei flussi di investimenti e di scambi tra l’area euromediterranea e l’Asia”. “Sono più in generale le mie complessive esperienze politiche e di vita - ha detto poi Napolitano - che mi inducono ad associare con forza il problema del rilancio della nostra economia a quello della giustizia sociale, della lotta contro le accresciute disuguaglianze e le nuove emarginazioni e povertà, dell’impegno più conseguente per elevare l’occupazione e il livello di attività della popolazione, il problema non eludibile del miglioramento delle condizioni dei lavoratori e dei pensionati e di una rinnovata garanzia della dignità e della sicurezza del lavoro. C’è bisogno - ha sottolineato - di più giustizia e coesione sociale. E, se un ruolo decisivo spetta in questo senso ai sindacati, posti peraltro di fronte a un mercato del lavoro in profondo cambiamento che richiede forti aperture all’innovazione, è interesse e responsabilità anche delle forze imprenditoriali - ha avvertito - comprendere e assecondare politiche di coesione e di solidarietà”. FONTELABITALIA
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