Nel 2005 il numero delle persone in cerca di lavoro è diminuito del 3,7% rispetto all’anno precedente (-72 mila unità). Lo rivela ’Il Rapporto annuale 2005’ dell’Istat, che fotografa i cambiamenti demografici, economici, lavorativi e sociali dell’Italia, rapportandoli alle tendenze riscontrate nel contesto europeo. Secondo lo studio, il dato riguarda in particolar modo la componente femminile del Mezzogiorno (-40 mila unità) che, insieme ai giovani di età non superiore ai 35 anni, spesso rinuncia a cercare un impiego. Il numero delle persone che cercano un’occupazione è sceso anche al Centro, mentre è rimasto sostanzialmente invariato nel Nord del Paese. Complessivamente, in Italia, il tasso di disoccupazione passa dall’8% del 2004 al 7,7% del 2005, ’incassando’ così un leggero miglioramento, ma il valore che interessa i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni è aumentato dello 0,4%, raggiungendo, per il 2005, la soglia del 24%. L’incremento è stato maggiore per la componente maschile e ha riguardato sia il Nord che il Mezzogiorno. Il tasso di disoccupazione di lunga durata, invece, è leggermente diminuito (-0,1%), portandosi al 3,7%. Secondo il Rapporto annuale dell’Istat, inoltre, nel 2005, il ritmo di crescita dell’occupazione maschile (+0,9%) è stato superiore a quello della componente femminile (+0,5%). La quota delle lavoratrici sul totale nazionale degli occupati è scesa dal 39,2% del 2004 al 39,1% del 2005, registrando un risultato in controtendenza con l’andamento del mercato europeo, che riscontra un’incidenza dell’occupazione femminile vicina alla media del 44,2%. In media, secondo la rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat, il numero degli occupati registrato nel 2005 aumenta dello 0,7%, con forti differenziazioni a livello territoriale. Alla crescita degli occupati nel Nord e nel Centro (rispettivamente +1,2 e +0,8%), infatti, si contrappone la flessione del Sud (-0,3%). In termini generali, in Italia, il tasso di occupazione della popolazione compresa tra i 15 e i 64 anni è rimasto nel 2005 sostanzialmente fermo al valore dell’anno precedente (57,5%), rimarcando il divario con la media europea, che si assesta sul 63,6%. Nel corso del 2005 l’input di lavoro utilizzato dal sistema economico italiano si è ridotto dello 0,4% in termini di ’Ula’ (unità di lavoro equivalente a tempo pieno). Tale andamento ha risentito del ristagno dell’attività produttiva nel nostro Paese. Secondo il rapporto dell’istituto nazionale di statistica, la flessione dell’andamento del mercato occupazionale nel 2005 ha però portato a risultati diversi nell’ambito del lavoro dipendente e in quello del lavoro autonomo. Se nel primo caso, infatti, si è assistito a un aumento dell’1,3% (pari a 225 mila unità), nel secondo, invece, l’andamento ha determinato una diminuzione del 4,5% (pari a -327 mila unità). L’incremento del lavoro dipendente, che riguarda sia i rapporti a tempo indeterminato sia quelli a tempo stabilito, va spiegata, secondo l’Istat, alla luce dell’aumento dell’occupazione nella fascia di età compresa tra i 50 e i 59 anni. Tale fenomeno è la diretta conseguenza del ritardo con cui, in Italia, si giunge alla pensione. Non solo. Un ulteriore apporto è venuto dall’aumento del lavoro a orario ridotto, che ha interessato soprattutto le donne del Nord e il settore terziario. LabItalia
|