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Immigrati clandestini più istruiti degli italiani
20/06/2006 NP-2990

Immigrati più istruiti degli italiani. E’ questo il dato più inatteso di una ricerca effettuata dall’università Bocconi di Milano e dall’ university College di Londra sui dati in possesso del Naga, l’associazione milanese di volontariato che presta assistenza sanitaria gratuita agli immigrati irregolari.
In 18 mesi, sono più di 10 mila i clandestini che si sono rivolti alla struttura di solidarietà Dalla ricerca emerge che tra gli immigrati, di età compresa tra i 25 e i 64 anni, il 41,1% dichiara di essere in possesso di un diploma di scuola superiore e il 12,1% di istruzione universitaria. Gli italiani della stessa età in possesso del diploma di scuola superiore sono il 33% e i laureati il 10%, secondo i dati Ocse. Le donne (38,6% diplomate, 13,3% laureate) sono mediamente più istruite degli uomini e i sudamericani sono quelli con la scolarità maggiore. “Il dato - spiega il docente di economia Carlo Devillanova - va letto con prudenza perché non esiste perfetta corrispondenza tra i diversi sistemi formativi.
Ma i clandestini, come hanno dimostrato ricerche svolte in passato, sono mediamente meno istruiti degli immigrati regolari e la scolarità degli immigrati nel loro complesso è, perciò, nettamente superiore a quella percepita”.
E, se la scolarità degli immigrati clandestini è mediamente superiore a quella degli italiani, solo una metà di loro lavora, e sempre svolgendo le funzioni più elementari. L’alta scolarizzazione, in questo senso, non si traduce nello svolgimento di lavori corrispondenti. La maggior parte dei clandestini occupati (e sono solo il 54%) svolge mansioni elementari, che vanno dall’assistenza domestica al facchinaggio, dall’impiego in edilizia alla vendita ambulante, in stridente contrasto con la loro istruzione e con gli impieghi in patria, dove solo il 15% svolgeva mansioni elementari e più del 5% era insegnante o professore. “Questo genere di migrazione - spiega Devillanova - determina perciò un impoverimento del capitale umano dei paesi di origine (il cosiddetto brain drain), dal momento che migrano soprattutto i più istruiti e un conseguente spreco di questo capitale (il brain waste), quando le loro competenze non sono utilizzate nel paese di destinazione. Tale risultato mette in dubbio anche l’eventuale efficacia di politiche di selezione degli immigrati, il tessuto produttivo italiano - conclude l’economista - sembra poco interessato alle loro qualifiche”.
FONTE LABITALIA

smile99

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