Attiva partecipazione, entusiasmo e buona volontà. Questo l’identikit del partecipante-volontario al campo di lavoro. Pronto a svolgere il compito che gli viene assegnato e, soprattutto, a reagire positivamente ai carichi di lavoro improvvisi e alla mancanza di attrezzature specifiche. Ma cosa si fa in un campo di lavoro? Ristrutturare centri sociali e culturali, assistere i portatori di handicap, realizzare attività di animazione culturale, proteggere e pulire aree verdi, spiagge e sentieri. E ancora: creazione di parchi giochi e organizzazione di campagne di solidarietà con i Paesi esteri. Nella maggior parte dei casi, ai partecipanti non è richiesto alcun requisito particolare se non la conoscenza, anche minima, della lingua inglese e, ovviamente, una seria motivazione. In media, il lavoro dura circa cinque ore al giorno, mentre attività di animazione, escursioni, visite, incontri con la popolazione e con le associazioni locali occupano il tempo che resta. I campi, in Italia e all’estero, possono avere una durata tra i 10 e i 30 giorni, ma la maggior parte non supera le due settimane. I campi estivi rappresentano il programma di gran lunga più consistente delle organizzazioni di volontariato, ma non lo esauriscono. Numerosi campi di volontariato, infatti, si svolgono anche durante i mesi invernali e primaverili. Il numero dei partecipanti ai campi lavoro varia da 8 a 20. In Italia, l’età minima per partecipare è 18 anni (tranne nei campi per adolescenti) ma non esiste un ‘tetto’ massimo. Le donne sono spesso in maggioranza (quasi il 60%), così come gli studenti, categoria che precede impiegati, insegnanti e liberi professionisti. I ragazzi tra i 15 e i 17 anni possono partecipare solo ai campi under 18, mentre i maggiorenni possono collaborare e animare tutti gli altri tipi di campo. Solo nei campi per famiglie è possibile la convivenza tra adulti e bambini (ma solo dai 4 ai 10 anni). Ma ci sono anche progetti per soli volontari senior (over 50 anni). I campi lavoro permettono a persone diverse di incontrarsi e conoscersi attraverso un’esperienza comune di volontariato, abbattendo le differenze culturali e sociali. Si contribuisce, inoltre, a realizzare un progetto concreto di intervento nei settori dell’ambiente, della pace, della solidarietà e della cooperazione internazionale. Il progetto può essere di ripristino o recupero, di valorizzazione o informazione, di denuncia o di animazione sociale, di presenza o di testimonianza. Il lavoro comune, manuale, organizzativo o creativo, è il collante di un gruppo di persone e di queste con la comunità ospitante. Per quanto concerne l’alloggio, le soluzioni sono sempre piuttosto semplici (scuole, edifici pubblici, tende, ostelli). Brande o materassi sono forniti dall’organizzazione. Sacco a pelo e capacità di adattamento anche alle sistemazioni più semplici e sobrie, quindi, sono strumenti indispensabili del buon volontario. Si possono verificare campi con camerate separate per sesso, ma più frequentemente il gruppo decide di comune accordo come sistemarsi. All’inizio del campo si stabiliscono dei turni per la cucina e le pulizie. I volontari ‘di corveé’ non vanno a lavorare ma preparano i pasti e puliscono l’alloggio. E, generalmente, si cerca di variare il menu il più possibile. Anche se c’è sempre un coordinatore membro dell’organizzazione ospitante che segue l’organizzazione interna alla vita del campo (spesa compresa), tutti i volontari si rendono partecipi e responsabili di ogni aspetto della vita e delle attività che vi si svolgono. PER SAPERNE DI PIU’ LABITALIA
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