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Colf, pochi diritti ma tanta voglia di imparare
25/09/2006 NP-3071

Instancabili, disponibili, con molta voglia di imparare, ma con pochi diritti. E’ questo l’identikit della colf del duemila. Un esercito, per la maggior parte straniero e irregolare, di oltre un milione di addetti che, pur lavorando per la maggior parte solo a ore (oltre il 45% del totale), riesce a essere occupato per tutto l’anno.
Eppure, le colf non sono più immigrate ‘sprovvedute’, per quanto riguarda lingua e cultura italiana, interessate a risparmiare su vitto e alloggio per inviare soldi alla famiglia di origine e in attesa di rimpatrio. Dopo anni di estenuante assistenza familiare ‘24 ore su 24’, le colf rivendicano un lavoro ad ore, flessibile e compatibile con una normale vita familiare. Per questo, ben il 60,4% è disposto a frequentare corsi di formazione per fare un altro lavoro.
Ma sono sempre di più anche le lavoratrici che frequentano corsi per badanti. Investono sulla formazione, che deve puntare soprattutto a offrire nozioni semplici e pratiche, che apportino maggiore professionalità al servizio. Come lo studio del contratto collettivo nazionale di settore o l’orientamento per contattare associazioni di volontariato socio-assistenziale del territorio, enti locali, sindacati e patronati. Ma anche nozioni utili per tutti i giorni: cucinare, apparecchiare la tavola, curare mobili, argenteria e guardaroba, socializzare con i minori o con gli anziani, rapportarsi con la famiglia e con i suoi ospiti. “Le colf - spiega a LABITALIA la responsabile nazionale delle Acli Colf, Pina Brustolin - vengono trattate come lavoratori di ‘serie B’, con conseguenze che si riflettono sulle famiglie che le accolgono e sulla diffusa irregolarità che domina il settore. Non viene riconosciuta alcuna copertura economica delle assenze per malattie, ad esempio, neanche in caso di ricovero ospedaliero. L’indennità di maternità, poi, è riconosciuta solo se ricorrono determinate condizioni assicurative e contributive, impedendo l’affermazione di un diritto sacrosanto della donna a una maternità serena e tranquilla. Il lavoro di cura - sostiene Brustolin - da subalterno e sommerso dovrebbe diventare una vera e propria professione appetibile dal punto di vista contrattuale. Magari abolendo il regime contributivo convenzionale e le fasce contributive che incentivano l’elusione e l’evasione e introducendo criteri di verifica e riordino riguardanti gli interventi di monetarizzazione dei servizi alla famiglia”.
Secondo un’indagine delle Acli Colf, la composizione della famiglia in cui si presta servizio è di una sola persona nella maggior parte dei casi (26,2%). A seguire, coppia con figli (24,4%), un anziano (18,6%), coppia senza figli (17,4%) e una famiglia con una persona anziana (13,4%). Tra le mansioni svolte, ci sono quelle di tenere in ordine la casa, accudire bambini e anziani, fare compagnia, pagare le bollette e fare la spesa, accompagnare i membri della famiglia e offrire prestazioni infermieristiche. Il 37,4% delle colf ha un’età compresa tra i 36 e i 45 anni, il 31,6% non supera i 35 e le over 45 rappresentano il 31%. Il 47,7% e’ sposato, il 31,2% nubile e solo il 21,1% vedovo o separato. Il 40,2% delle colf possiede un diploma di scuola superiore, talvolta la laurea, mentre il 39,5% si è fermato alle scuole medie. Il 20,3%, invece, ha frequentato una scuola professionale.
FONTE LABITALIA

smile99

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