Quello della sicurezza è un mondo molto variegato e complesso, senza ‘buoni’ e ‘cattivi’. In alcuni settori economici, a fronte di una maggiore cultura della sicurezza si registra una più elevata protezione dei lavoratori (rilevata attraverso la rischiosità infortunistica). In altri, invece, è l’emergenza (cioè un alto tasso di incidenza infortunistica) a spingere a posteriori verso una maggiore sensibilità nei confronti della sicurezza. Questi i primi risultati emersi da uno studio condotto dall’Ispesl (Istituto superiore prevenzione e sicurezza sul lavoro) su larga scala, con la collaborazione delle parti sociali (comitati paritetici) e di altri enti pubblici e privati (aziende sanitarie locali, università e consiglio nazionale periti industriali). Il progetto, avviato nel 2003, ha lo scopo di verificare quanto l’applicazione della 626/94 sia percepita come base di un sistema di gestione della sicurezza nelle aziende e di individuare eventuali difficoltà e possibili correttivi. L’indagine, però, punta a comprendere quale sia il livello di cultura della sicurezza nelle aziende italiane, nella prospettiva di qualificare la prevenzione come risorsa per il miglioramento dei prodotti e servizi.
Il monitoraggio è stato effettuato su un campione di unità produttive, selezionate su tutto il territorio nazionale tramite stratificazione sui settori economici e sulle dimensioni aziendali, in modo da poter studiare il legame tra rischiosità infortunistica e contesto culturale. Per ogni unità selezionata si sono individuate quattro figure da intervistare (datore di lavoro, responsabile del servizio di prevenzione e protezione, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e medico competente). Entro la fine dell’anno l’Ispesl renderà noti nel dettaglio i risultati del monitoraggio. LABITALIA
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