Sono le professioni a basso livello di qualificazione a trainare l’occupazione italiana, che negli ultimi cinque anni ha conosciuto una “inesauribile spinta alla crescita” a fronte di un generale rallentamento del ciclo economico. Una tendenza che ha inciso profondamente sulla struttura professionale del mercato del lavoro, ma che appare “in contraddizione con le ambizioni di un sistema che tende a fare dell’innalzamento delle competenze e dei livelli formativi di base un requisito sempre più necessario di accesso al lavoro”. Si è rafforzata, infatti, la base della piramide professionale, che tra operai specializzati, conduttori e professioni non qualificate rappresenta il 37,7% dell’occupazione del Paese, mentre si è assottigliato il suo vertice costituito da dirigenti, imprenditori e professioni intellettuali che assorbono il 14,5% dei lavoratori.
Questa la fotografia del mercato del lavoro italiano scattata dal Censis nell’annuale Rapporto sulla situazione sociale del Paese, presentato a Roma. E’ un mercato del lavoro fortemente polarizzato, quello che esce dall’ultimo anno, che oscilla fra “una conferma di vitalità di sistema, sul piano della creazione di occupazione, e una sostanziale staticità nelle proposte di intervento”. A crescere di più, in termini assoluti, tra i diversi profili professionali, nell’ultimo anno sono stati muratori, carpentieri, ponteggiatori (quasi 80 mila in più, per un incremento del 12,9%) e, a seguire, i collaboratori domestici, gli addetti ai servizi di pulizia nelle imprese, gli spazzini (+64 mila per una crescita del 10,2%). A distanza, il terzo migliore saldo (+35 mila, per un incremento del 4,3%) è segnato dagli impiegati con funzioni amministrative e contabili, come addetti di cassa, alla contabilità, ai costi, al controllo fatture, mentre al quarto posto si attestano autisti di taxi e auto, conducenti di autobus, camionisti e fattorini.
Chi scende, invece, nel ‘borsino’ delle professioni stilato dal Censis, sono gli artigiani e gli operai del tessile-abbigliamento, vale a dire tessitori, maglieristi, sarti, modellisti, pellicciai, ricamatori, tappezzieri, che la crisi del comparto ha portato a un drastico ridimensionamento (calano di 27 mila unità, con una perdita di quasi 12 punti percentuali), seguiti dagli insegnati di scuole materne ed elementari, tutor di corsi professionali (-22 mila), dagli imprenditori e amministratori di grandi aziende private (-11,5%), e dai medici. Insomma, sottolinea il Censis, sembrerebbe che “l’era della terziarizzazione di massa, che avrebbe dovuto fluidificare i meccanismi di ascesa nella scala sociale, non sia riuscita a produrre i livelli di mobilità attesi dal sistema”. LABITALIA
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