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Rapporto Cesos, costo per occupato +3% in 5 anni
21/12/2006 NP-3152

In Italia il costo del lavoro per occupato (nel settore privato) è aumentato, tra il 2001 e il 2005, del 3%, a fronte di una crescita media nell’area euro dell’1,9%. L’aumento del costo del lavoro è tuttavia in linea con quello registrato in Francia (+2,9%), mentre la Germania ha saputo contenere il valore, aumentato solo dell’1%. Significative anche le divergenze dal lato della produttività del lavoro. In Italia la produttività, dopo il picco del 2001, ha mantenuto un andamento decrescente (-0,3% dal 2001 al 2005), cumulando anche su questo versante un ’gap’ coi nostri competitori europei più importante (nello stesso periodo la Germania ha registrato +0,8% e la Francia +1,3%). Le due tendenze trovano una sintesi nella registrazione dell’andamento del costo del lavoro per unità di prodotto, un valore che fornisce un indicatore reale sulla competitività di un sistema produttivo. Le divergenze in questo caso risultano “estremamente rilevanti”. “Basti pensare che l’Italia avrebbe cumulato rispetto alla Germania un divario di crescita del costo del lavoro per unità di prodotto dell’ordine del 15% dal 2000 al 2005”. Lo si legge nel rapporto su ’Le relazioni sindacali in Italia e in Europa. Retribuzioni e costo del lavoro’ predisposto dal Cesos (Centro di Studi economici sociali e sindacali) sotto la guida di Domenico Paparella. Il rapporto è stato presentato al Cnel, alla presenza, tra gli altri, del ministro del Lavoro, Cesare Damiano, e del presidente del Cnel, Antonio Marzano. DAMIANO, DA NOI FORTE DISCONTINUITÀ CON PRECEDENTE GOVERNO “Il Cnel è un luogo di analisi e discussioni importanti e il rapporto si avvale di competenze scientifiche di alto profilo”. Inizia così, con un forte riconoscimento al valore del rapporto e del Cnel, l’intervento del ministro Damiano, che parla della revisione degli accordi del ’93 come di “un grande interrogativo che anima le parti sociali”. “E’ per ora - dice il ministro - una questione irrisolta e bisogna sapere che un’azione di rivisitazione è sempre un intervento a cavallo tra il sociale e il legislativo”. E a chi (il rappresentante di Confindustria) durante il dibattito al Cnel ha accusato la Finanziaria di avere ’invaso’ il terreno della contrattazione, Damiano risponde rivendicando “una forte discontinuità col precedente governo e, quindi, anche sul tema della concertazione”. “Ho assegnato - conclude - un forte ruolo alle parti sociali nella regolazione di vari aspetti”. PAPARELLA, VERO PROBLEMA E’ CALO PRODUTTIVITÀ “Le retribuzioni dal punto di vista nominale hanno sostanzialmente tenuto. Anche se l’incremento del costo della vita che in molti casi i lavoratori hanno avuto una riduzione del salario di fatto”. Lo dichiara a LABITALIA Domenico Paparella, coordinatore del rapporto. “Questo ovviamente -spiega il professore - parlando in media. Ci sono settori dove la riduzione del salario è stata più forte che in altri: il pubblico impiego, ad esempio, si è difeso molto bene, ha avuto addirittura la possibilità di incrementare il salario reale. Il settore dei servizi e il settore tessile, invece, hanno avuto un obiettivo depauperamento della loro capacità d’acquisto”. Ma i nostri guai più grossi riguardano la produttività. “In questi ultimi 5 anni - dice ancora Paparella - è stata negativa, soprattutto se confrontata con quella dei Paesi più competitori, Francia e Germania. In quest’ultimo Paese, i salari hanno perso potere d’acquisto, ci sono state forti ristrutturazioni e ci sono stati aumenti degli orari di fatto. L’industria tedesca è riuscita a mantenere dei vantaggi competitivi e a profittare dell’incremento del mercato mondiale. In Italia, invece, al calo della domanda interna, ci sono stati bassi salari, ma pochi investimenti e il nostro sistema produttivo è diventato meno competitivo e abbiamo perso quote di mercato a livello internazionale, nonostante l’aumento del commercio mondiale. Quindi la situazione dell’Italia è doppiamente grave. In Germania, con una produttività più alta, il costo del lavoro per unità di prodotto è diminuito e ha consentito la crescita delle esportazioni. In Italia, invece, il costo del lavoro per unità di prodotto è alto e abbiamo perso 15-20 punti nelle esportazioni nei due anni considerati”.
LABITALIA

smile99

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