La Cina è ancora vista come una minaccia da oltre metà delle industrie italiane (57%) attive in settori aggrediti dai concorrenti orientali, ma sale al 63% la quota delle aziende che puntano sul gigante asiatico come sbocco commerciale o area per insediamenti produttivi. E’ quanto emerge dalla ricerca ‘Cina, minaccia o opportunità?’, realizzata per il secondo anno da Summit, società di consulenza ed education, guidata da Franco D’Egidio, specializzata nella misurazione e sviluppo del capitale intellettuale e dei processi di cambiamento della cultura aziendale. L’indagine è stata condotta intervistando 500 imprenditori e top manager di imprese manifatturiere ‘toccate’ dal ‘fenomeno Cina’: abbigliamento, calzature, accessori, meccanica, elettronica e robotica, arredamento, apparecchi domestici, ceramica, giocattoli. Scende dal 63% al 41%, rispetto a un anno fa, la quota di aziende che ritiene in qualche modo utile l’introduzione di dazi sui prodotti cinesi. Sale, invece, dal 37% al 59% la quota di manager e imprenditori che considera i dazi inefficaci, a causa del divario di prezzo incolmabile con i prodotti orientali. Le misure più richieste dal sistema industriale sono norme e attività per contrastare la contraffazione dei prodotti (100%) e per imporre ai prodotti made in China standard di sicurezza simili a quelli in vigore nell’Unione europea (99%). Molto gettonata (95%) anche l’introduzione per i prodotti importati di un certificato di ‘social responsibility’, che attesti il rispetto delle regole sul lavoro (contratti, minori e non discriminazioni). I limiti alle importazioni vengono visti con favore solo dal 45% delle imprese. In generale, la Cina viene vista come una minaccia da circa il 37% delle imprese manifatturiere interpellate da Summit (53% nel 2005). Il 20% la vede sia come minaccia che come opportunità (26%) e il 43% la vede come un’opportunità (21%).
Supera ormai un terzo il numero delle aziende (36%) che vede concrete possibilità di commercializzare i propri prodotti nel vasto mercato del gigante asiatico, anche se non sempre immediate. Quasi due terzi degli imprenditori (61%) guarda alla Cina come un’area dove produrre in modo competitivo per poter poi esportare verso altre aree, come gli Stati Uniti. Cresce in modo significativo rispetto allo scorso anno il numero di aziende pronta ad investire in Cina per attività produttive o commerciali: dal 19% al 24%. LABITALIA
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