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Cisp, il nuovo profilo professionale del mondo della cooperazione
13/04/2007 NP-3269

Cambia il profilo delle figure professionali richieste nel mondo della cooperazione e dalle Ong. Cala, infatti, la domanda di figure tecniche tradizionali (come ingegneri e agronomi), il cui ruolo tende ad essere più legato a consulenze specifiche di non lunga durata, mentre aumenta il bisogno di figure gestionali e legate alla comunicazione, la cui competenza è richiesta soprattutto per la conoscenza dei meccanismi di funzionamento degli organismi internazionali ogni giorno più complessi. La formazione post-universitaria si rivela, inoltre, sempre più importante, e spesso l’unico canale di accesso per i giovani che vogliono lavorare in questo settore. Sono questi alcuni dei primi dati che emergono dalla ricerca condotta dal Cisp (Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli), nell’ambito del programma Euromodel, sul mercato del lavoro e i bisogni formativi nel mondo della cooperazione internazionale nell’Europa allargata.
In particolare, la ricerca si è concentrata sul confronto tra due Stati dell’Ue a 15, Italia e Belgio, e due dei nuovi Stati membri, Polonia e Repubblica Ceca. C’è meno richiesta delle professionalità classiche della cooperazione allo sviluppo, come ingegneri, economisti, agronomi o esperti forestali, mentre si vanno affermando quelle professionalità specializzate nella comunicazione, nello sviluppo partecipativo, nelle capacità di interscambio con soggetti con realtà differenti. Le figure dei prossimi anni si avvicinano più ad un facilitatore, esperto di tematiche di sviluppo sociale, relazione e interscambio. Il peso crescente dei progetti di rafforzamento istituzionale, comporta una maggiore importanza delle capacità comunicative relazionali e di negoziazione con le istituzioni pubbliche locali, ed una conseguente maggiore necessità di preparazione in campo sociale, economico, politologico e umanistico. Con l’allargamento dell’Unione europea e la crescente attenzione alla cooperazione con i paesi dell’Est europeo, è inoltre sempre più necessaria la conoscenza del russo, oltre che dell’inglese e del francese. Il sensibile restringimento della cooperazione italiana ha determinato una riduzione delle possibilità per i giovani di acquisire esperienza attraverso l’affiancamento a esperti senior. Oggi si richiedono quasi esclusivamente figure con un’esperienza pluriennale nel settore, limitando in tal modo la possibilità per i giovani di fare esperienza in questo settore. Gli stage legati ai master costituiscono spesso l’unica possibilità. Da questo punto di vista i master compensano i limiti dell’università italiana, in cui il lavoro sul campo è un privilegio per pochi, quando avere già un’esperienza all’estero durante il periodo universitario costituisce un importante vantaggio. Circa il 54% degli operatori è in possesso di un titolo di master, mentre il 33% ha effettuato corsi di specializzazione più brevi. Solo il 13% degli operatori non ha effettuato corsi di alcun genere o ha preso parte esclusivamente a corsi organizzati dalla Ong per il proprio personale. Si tratta di un dato che ha modificato negli ultimi anni il quadro complessivo della cooperazione non governativa italiana, dove sino a poco tempo fa prevaleva la formazione empirica, sul campo. Questo fenomeno va di pari passo con l’aumento dei master e dei corsi specialistici sulle diverse tematiche della cooperazione internazionale, dello sviluppo, dell’aiuto umanitario, del peace keeping, della progettazione. Il possesso di titoli di master è maggiore fra il personale in Italia che in quello all’estero. Per le società di consulenza invece non è importante tanto la formazione post-universitaria, quanto la laurea tecnica e l’esperienza sul campo, ritenute ancora le principali fonti di qualificazione professionale.
LABITALIA

smile99

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