Oltre 1milione e 471 mila immigrati assicurati all’Inps, nella quasi totalità lavoratori dipendenti da aziende o da famiglie (96,7%), di cui il 4,4% nel settore agricolo, il 22,6% in quello domestico e il 69,7% negli altri settori. Ridotta, seppure in crescita, è invece la quota dei lavoratori autonomi (3,3%), che in un solo decennio sono quadruplicati, passando dalle 10.289 unità del 1992 alle 48.377 del 2003. La crescita più vistosa è stata registrata nel settore della collaborazione familiare (+588,7%), dove la prevalenza delle donne è netta (86,2%) e arriva a superare il 90% in diverse regioni e in molte province, con picchi del 96% a Gorizia e del 98% a Isernia. È quanto emerge dal 2° rapporto su immigrati e previdenza, dal titolo ’Regolarità, normalità, tutela’, redatto da Inps e Caritas-Dossier statistico Immigrazione Migrantes, presentato a Roma. I principali ambiti di inserimento degli immigrati assunti sono l’industria, che nel complesso ne assorbe il 50,1%, e il terziario (il 42%). I comparti più rappresentati sono il commercio (34,5%, pari a 353.741 addetti), l’edilizia (18,1%, pari a 185.204 addetti) e la metallurgia e meccanica (14,3%, pari a 146.135 addetti). Nelle costruzioni, inoltre, quasi il 15% dei lavoratori regolari è un cittadino non comunitario.
AL NORD LA MAGGIOR PARTE DEI DIPENDENTI
Il Nord si distingue per la massima incidenza di non comunitari iscritti all’Inps in qualità di lavoratori dipendenti da aziende (Nordovest 73,4%, Nordest 76,2%). Il Nordovest ricorre maggiormente ai lavoratori domestici (21,5%) e l’Est alla manodopera agricola (4,5%). Il Centro è in tutti i sensi un’area mediana, con percentuali inferiori al Nord per l’utilizzo di lavoratori dipendenti (62,2%) e agricoli (3,4%), nella media relativamente ai lavoratori autonomi (3,3%) e con la percentuale più alta di impiego dei lavoratori domestici (31,0%), anche per la presenza dell’area metropolitana di Roma, che da sola assorbe il 20% dei lavoratori totali del settore. Il Sud e le Isole si caratterizzano per un’incidenza superiore alla media di lavoratori agricoli (16,8%) e domestici (27,6%). Quasi la metà dei lavoratori non comunitari iscritti negli archivi dell’Inps proviene dall’Europa (45,6%, il 96,7% dei quali dall’Europa dell’Est), in tutto 669.995 persone. Seguono l’Africa con il 24% (353.450 lavoratori, il 78,1% dei quali dell’Africa del Nord), l’Asia con il 17,1% (251.700, per il 94,1% dell’Asia orientale), l’America con l’11% (162.036, l’81,8% dei quali dell’America del Sud), gli apolidi con il 2,2% e l’Oceania con lo 0,1%.
IN TESTA AI PAESI DI ORIGINE QUELLI DELL’EUROPA DELL’EST
Nel corso degli ultimi dieci anni (1992-2003), il continente di origine che ha registrato l’incremento percentuale maggiore è l’Europa, soprattutto grazie all’Europa dell’Est, i cui originari nel 2003 sono circa 16 volte più numerosi di quelli registrati nel 1992. I primi tre paesi di provenienza dei lavoratori sono, in ordine decrescente, Romania, Albania e Marocco, rispettivamente con il 13% (190.719 persone), il 10,8% (159.401) e il 10% (146.812) del totale degli iscritti non comunitari. Superano le 90.000 unità gli ucraini (pari al 6,3%), seguiti da cinesi e filippini, entrambi intorno alle 60.000 unità. Nel lavoro autonomo il gruppo più numeroso è quello dei cinesi, che incidono sul totale dei non comunitari occupati nel settore per un quinto (19,6%), seguiti dagli albanesi (15,2% del settore); in agricoltura il 19,4% dei lavoratori è di nazionalità albanese, il 12,1% romeno e un altro 12% è rappresentato dai marocchini; nel lavoro domestico si distinguono gli ucraini con il 20,4%, seguiti da romeni (14,7%) e filippini (12,9%). LABITALIA
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