L’Italia resta agli ultimi posti in Europa per la differenza tra uomini e donne in fatto di occupazione e per il numero di giovani fuori sia dal mercato del lavoro sia dai processi di formazione, mentre dilaga il precariato e il part-time. Sono alcuni degli elementi che si evincono dal rapporto ’Occupazione in Europa’ pubblicato dalla Commissione europea. Un rapporto che nel suo complesso si presenta positivo sullo stato di salute del mercato del lavoro dei 27: per la prima volta in tutti gli Stati membri, infatti, si registra un incremento dell’occupazione. L’obiettivo del processo di Lisbona di arrivare a un tasso di occupazione pari al 70% entro il 2010 sembra meno lontano.
“La relazione evidenzia che gli sforzi realizzati in Europa in materia di politica dell’occupazione - ha commentato Vladimír Špidla, commissario europeo per l’Occupazione, gli Affari sociali e le Pari opportunità - iniziano a dare frutti. Rispetto a un anno fa, è cresciuto il numero dei cittadini europei che hanno un posto di lavoro. Ciò, però, non deve essere fonte di autocompiacimento, se vogliamo che la Ue mantenga il suo impegno a raggiungere gli ambiziosi obiettivi in materia di occupazione che ci siamo fissati. Abbiamo potuto constatare che riforme dell’occupazione ben concepite funzionano e dobbiamo fare in modo di trarre insegnamenti dalle esperienze positive fatte in diversi Stati membri”.
Sul ’gender gap’, ossia il divario uomo-donna, il rapporto è categorico: se la maglia nera va a Malta, con un ’gap’ di addirittura il 40% tra uomini e donne, l’Italia è accomunata a Cipro, Grecia, Irlanda e Spagna come uno degli Stati membri in cui “rimangono vaste differenze tra sessi di circa il 20%”. In effetti, dati alla mano, il tasso di occupazione complessivo è, come in tutti gli altri Stati membri, nettamente migliorato, passando dal 53,7% del 2000 al 58,4% del 2006, ben al di sotto però della media dei vecchi Quindici della Ue pre-allargamento pari a 66%, e 11,6% sotto l’obiettivo di Lisbona. Se però si va a guardare il ’gender gap’, si vede che l’occupazione per le donne è ferma a oltre 12% la media complessiva, essendo pari al 46,3% (nel 2006).
Più vario il quadro dell’occupazione giovanile. Il rapporto di Bruxelles, in effetti, da un lato, nota a livello europeo un calo della disoccupazione della fascia 15-24, da 5 milioni del 2000 a 4,6 milioni nel 2006. Dall’altro, però, registra anche un calo degli occupati, da 22,6 milioni a 22 milioni. Un’apparente contraddizione, che si spiega con l’incremento dei giovani che sono fuori al tempo stesso dal mercato del lavoro e dal processo di formazione: questo numero è, infatti, salito dai 33,2 milioni del 2000 ai 33,8 milioni nel 2006.
E, quanto ai giovani che non lavorano e non studiano, l’Italia è agli ultimi posti soprattutto per la fascia 20-24: peggio di noi va solo ai loro coetanei di Romania e Bulgaria. Consola poco il fatto che subito prima di noi, al quart’ultimo posto, figuri la Francia. La percentuale dei giovani tra i 20 e i 24 italiani che non studiano è in effetti pari al 40,2% per i giovani di bassa istruzione, al 16,5% per quelli di media istruzione e al 15,2% (contro una media europea rispettivamente pari a 33,6%, 14,5% e 13,1%) per quelli con un titolo più elevato. Il rapporto non indica una cifra precisa, collocandola nei grafici intorno al 23%. LABITALIA
|