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Ires Cgil, 191 milioni i minori economicamente attivi
07/01/2008 NP-3448

Nel mondo sarebbero 191 milioni i minori con meno di 15 anni economicamente attivi, di cui 165 milioni coinvolti in situazioni di lavoro minorile vero e proprio e 75 milioni nelle forme peggiori di sfruttamento. Mentre 8,4 milioni di minori vivono in condizione di schiavitù. Sono alcuni dei dati che emergono dallo studio Ires Cgil e Save the Children ‘Minori al lavoro. Il caso dei minori migranti’. “In Italia - ha detto il presidente dell’Ires, Agostino Megale - la stima dei minori di 15 anni che lavorano ammonta tra i 480.000 e i 500.000, di cui circa 70.000-80.000 minori stranieri. Tra i prossimi obiettivi istituzionali, promossi anche dalle parti sociali, emerge la proposta di attivare un monitoraggio sul tema, coordinato dall’Istat e finalizzato a superare l’incertezza sul dimensionamento del fenomeno”.
Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia, presentando la ricerca partecipata realizzata dalla sua organizzazione e basata sul diretto coinvolgimento di un gruppo di minori migranti ha osservato: “Sono emersi dei nodi cruciali relativi al lavoro minorile e allo sfruttamento del lavoro dei minori stranieri, quali la necessità dei ragazzi di contribuire all’economia familiare, la sovrapposizione che esiste tra lavoro minorile e lavoro nero, il considerare come lavorative attività illegali e, infine, la difficoltà di conciliare il lavoro con la scuola, ma anche con il tempo libero. E’ su queste problematiche - ha ricordato - che deve concretizzarsi il nostro impegno, affinché vi sia una ricaduta positiva anche su un altro elemento emerso nelle interviste: la mancanza di un approccio al lavoro basato sui diritti e di una progettualita’ futura”. Tra i più esposti al lavoro minorile sono risultati i minori maschi, in un’età compresa tra gli 11 e i 14 anni, con un’incidenza maggiore all’aumentare dell’età in questo intervallo, di nazionalità straniera, che vivono in una famiglia mono-genitoriale o in un nucleo familiare con più minori, e risiedono in un territorio con un alto tasso di disoccupazione. Altri ‘indicatori di rischio’ sono rappresentati dall’appartenere a famiglie con un solo reddito o, comunque, dal vivere in zone con alte percentuali di famiglie con redditi inferiori al 50% della media nazionale. Dall’indagine, inoltre, emerge che il tratto principale e più frequente che caratterizza il profilo dei minori che lavorano precocemente è quello dell’intensità dell’esperienza: quando un minore è coinvolto in un’attività di lavoro precoce, la sua non è un’esperienza residuale, ma spesso totalizzante, elemento che il più delle volte determina rischi di marginalità sociale soprattutto tra i minori stranieri. Tra i minori nella fascia di età tra gli 11 e i 14 anni, ben il 25,5% di quelli stranieri ha avuto un’esperienza lavorativa, di contro al 20,9% dei minori italiani. Le esperienze di lavoro dei minori migranti si realizzano prevalentemente all’interno del gruppo familiare: quasi tutti i minori cinesi (90%) collaborano con la famiglia, mentre nel gruppo dei minori stranieri di diverse nazionalità la quota di coloro che aiutano i genitori è del 56%, a cui si deve aggiungere un 9% che ha dichiarato di lavorare in casa svolgendo attività di aiuto familiare, per un totale pari al 65%. Al contrario, tra i minori italiani si registra la quota più alta di lavoro presso terzi, segno probabilmente di un maggior legame con il tessuto socioeconomico e con il mercato del lavoro locale.
LABITALIA

smile99

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