In dieci anni, gli infortuni mortali nell’Unione europea sono diminuiti del 29,4%, mentre in Italia solo del 25,4%, un dato non esaltante rispetto a quello di paesi come la Germania (-48,3%) o la Spagna (-33,6%). In termini assoluti, poi, l’Italia resta il paese con il più alto numero di morti sul lavoro. Tra il 1995 e il 2004, infatti, si è registrato nell’ambito europeo un trend di riduzione degli incidenti sul lavoro, pur con differenze anche ampie tra i vari paesi in conseguenza del diverso livello di sviluppo economico e in un comune quadro normativo. E’ quanto emerge dal 2° Rapporto sulla Tutela delle vittime del lavoro dell’Anmil (Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra) L’Anmil sottolinea poi che i grandi gruppi assicurativi privati che garantiscono la responsabilità civile delle aziende hanno visto ridursi drasticamente il quantum dei risarcimenti erogati a favore dei lavoratori infortunati. Le imprese hanno così potuto ridurre i costi delle coperture assicurative. Quanto all’Inail, sostiene l’Anmil, “dall’avvio della riforma ha iniziato ad accumulare avanzi di amministrazione, che ormai viaggiano su più di due miliardi di euro l’anno, per un totale ad oggi di oltre 13 miliardi di euro finiti nelle casse dello Stato”.
“Il risultato - prosegue l’Anmil - è che l’Inail ormai non è più posto in condizione di garantire tutela adeguata alle vittime del lavoro: eroga prestazioni economiche peggiori che in passato, non puòsvolgere interventi sanitari adeguati e non può promuovere interventi per il reinserimento lavorativo”. Per quanto riguarda il fronte giudiziario vero e proprio, si legge nel Rapporto Anmil, i lavoratori infortunati e le famiglie dei morti sul lavoro “scontano tutte le inefficienze classiche del sistema giustizia (procedimenti giudiziari lunghissimi, termini ridotti di prescrizione nel procedimento penale, indulto, inefficienza del sistema di accertamento delle responsabilità)”.
Nonostante la legge 68/1999 sul diritto al lavoro dei disabili, poi, preveda specifiche e speciali norme per il ricollocamento e la riqualificazione degli infortunati sul lavoro, ad oggi risulta inserito solo il 5% degli iscritti al collocamento mirato. Per l’Anmil, grande preoccupazione desta tra le vittime del lavoro la sorte nell’immediato futuro dell’ipotesi di unificazione degli enti previdenziali e della gestione delle diverse forme di tutela. “Manca - si legge nel Rapporto - l’impegno per sinergie e cooperazioni volte a migliorare la qualità dei servizi e l’efficacia della tutela da garantire agli utenti dei servizi stessi. E’ auspicabile, quindi, che fra le tante ipotesi prospettate prevalga un assetto che valorizzi la possibilità di integrazione dei servizi orientati alla tutela per i rischi del lavoro e la salute dei lavoratori, con la partecipazione dell’intera filiera dei soggetti, non solo previdenziali, che di tale tutela sono protagonisti”.
“Resta in ogni caso la preoccupazione e in certa misura lo sconcerto - conclude l’Anmil - per il fatto che gli enti previdenziali siano considerati, in definitiva, dei semplici strumenti operativi dello Stato, al di là di quanti organi rappresentativi siano presenti al loro interno, dei quali interessa il valore complessivo e il risparmio complessivo che possano realizzare”. LABITALIA
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