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Reddito minimo d’inserimento: buoni risultati della sperimentazione
10/03/2008 NP-3509

Un “essenziale supporto economico per tutte le famiglie” povere a cui è andato; la premessa per il reinserimento nella vita sociale e il miglioramento delle condizioni di vita dei minori. Una misura da “riduzione del danno”. Così viene definito il reddito minimo d’inserimento (rmi) - misura di contrasto della povertà, attraverso il sostegno delle condizioni economiche delle famiglie esposte al rischio di marginalità e l’avvio di specifici programmi di inserimento, voluta dal primo governo Prodi e sperimentata in diversi comuni di tutta Italia – dalla Relazione al Parlamento del ministero della Solidarietà sociale, che fa il punto sulle due sperimentazioni (dati fino al 2004). Con un punto molto dolente: la mancanza di ricadute significative dal punto di vista occupazionale.
La prima sperimentazione ha interessato 39 comuni nel biennio 1999-2000; la seconda, avviata nel 2001, è stata estesa ad altri 267 comuni, più volte prorogata ed ancora parzialmente in corso in alcune realtà. In totale, il rmi ha interessato 306 comuni. Hanno percepito il rmi 41.007 famiglie; 27.876 nella prima sperimentazione, 13.131 nella seconda. L’85,2% risiede al sud ed isole; il 10,9% al centro; 2,8% nel nord-ovest; l’1,3% nel nord-est. Secondo la relazione, il rmi è stata una misura da “riduzione del danno: ha dato buoni risultati favorendo il rientro nella legalità di numerose famiglie attraverso il pagamento di morosità e ha consentito a molte altre di evitare lo sfratto”; è stato poi un’ “utile risposta” per coloro che avevano necessità di accedere a prestazioni sociosanitarie (il 78% dei comuni ha avviato progetti in tal senso); ha permesso di elevare il grado di scolarizzazione di diversi beneficiari (programmi di recupero sono stati attivati dal 48,3% dei comuni). Positivo anche il fatto che il rmi ha consentito a diversi piccoli comuni di consorziarsi fra loro e di attivare o potenziare politiche sociali contro la povertà. Sul versante dell’inserimento occupazione si sono avuti risultati “contenuti”; ad esempio, oltre il 54% dei 267 comuni della seconda sperimentazione non ha per nulla tentato di attivare programmi di questo tipo per mancanza di offerta o per carenze strutturali del territorio. Mentre, oltre il 74% dei comuni ha avviato i suoi beneficiari in Lsu.
Fra le criticità emerse nelle sperimentazioni, ci sono i problemi organizzativi (eterogeneo approccio di ogni comune); la loro “eccessiva discrezionalità” rispetto alle deroghe per il godimento del rmi tanto che la relazione parla, in alcuni casi, di “fenomeni di clientelismo” e di “comportamenti opportunistici” (“si sono verificati casi di movimenti anagrafici o di cambi di residenza ’sospetti’ e l’autocertificazione si è rivelata insufficiente”). Per la seconda sperimentazione, le risorse stanziate dal ministero del Welfare sono state quasi 181 milioni nel 2001 ed oltre 222 milioni nel 2002. I beneficiari Le famiglie beneficiarie del rmi hanno un numero medio di 3,2 componenti. Nel 58% dei casi si è trattato di famiglie con figli mentre il 16,6% di persone sole e il 14,2% famiglie monoparentali. I richiedenti, nel 94,1% dei casi, sono soggetti in età attiva e sono uomini (51,1%) anche se al centro sono per lo più donne (62,8%). Al sud si registra una maggiore rilevanza di anziani (9,4% contro il 5,9% nazionale). Nella seconda sperimentazione, i beneficiari del rmi sono per il 55,5%disoccupati, il 20,3% occupato, il 16,9% in cerca di prima occupazione, il 7,3% pensionato o non abile al lavoro. Una famiglia su tre a cui, dopo accertamento è stato revocato il beneficio del reddito minimo di inserimento (rmi), è del Nord-est. È in questa area infatti che si è concentrato il maggior numero di revoche, il 28%, della misura di contrasto alla povertà effettuate durante le due sperimentazioni. Secondo la relazione del ministero della Solidarietà sociale, 21.079 famiglie beneficiarie sono state oggetto di accertamento; a 2.432 (12%) è stata revocata la misura; ossia per ogni 9 nuclei indagati, in media, uno è stato escluso. Dopo il nord-est seguono il centro (15%), il sud e le isole (11%), il nord-ovest (9%). Delle famiglie beneficiarie del rmi, 41.007 complessivamente, l’ 85,2% risiede al sud ed isole; il 10,9% al centro; 2,8% nel nord-ovest; l’1,3% nel nord-est. E per 7 famiglie su 10 (69,2%), l’uscita dal beneficio riguarda il superamento della condizione di bisogno. Al meridione, questa percentuale sale all’80%. Gli accertamenti riguardano, ad esempio, l’effettivo possesso di proprietà immobiliari, lo stato di disoccupazione e del reddito, il lavoro nero. Alcuni comuni hanno enunciato particolari difficoltà in questo tipo di attività. In particolare nella provincia di Enna, dove la Guardia di Finanzia, a maggio 2001, ha denunciato per truffa allo Stato e dichiarazione mendace 859 dei 7.969 beneficiari del rmi. Altro caso critico, a Leofonte, provincia di Enna, dove i beneficiari hanno presentato ripetutamente certificati medici per ottenere l’esonero dalla partecipazione ai programmi di inserimento. A Isola Capo Rizzuto, l’analisi degli esiti sui beneficiari, fa registrare “il totale mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati”.
ITALIA LAVORO

smile99

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