La recessione inizia a colpire duramente l’industria del paese: nei primi dieci mesi dell’anno, infatti, sono circa 180 mila, per l’esattezza 179.552, i lavoratori coinvolti in processi di crisi e ristrutturazioni aziendali che, tradotto, equivale a cassa integrazione ordinaria, straordinaria e mobilità, molte delle quali partite negli ultimi due mesi. A fotografare lo stato di grave disagio della realtà industriale è il rapporto della Cisl che solo nel giugno scorso stimava valori decisamente più bassi: non più di 20-25 mila lavoratori a rischio occupazione. Un dato, quello di oggi, che appare al sindacato stesso sottostimato visto che non comprende, perché di difficile stima, il dato dei lavoratori interinali e quelli con contratto a termine coinvolti dalle ristrutturazioni. E la crisi attraversa tutto il paese:rapportando la percentuale di ore di cassa integrazione con il peso dell’occupazione industriale, infatti, a segnalare la maggiore intensità di crisi strutturali irrisolte sono Piemonte, Lazio, Campania, Basilicata e Sardegna. Ma le altre regioni non vanno meglio: in Lombardia, per esempio, è raddoppiato (94%) nell’ottobre scorso il numero dei lavoratori coinvolti da situazioni di crisi aziendale nell’industria meccanica lombarda in appena tre mesi lavorativi.
Anche la lista delle industrie colpite è lunga e ricca di nomi importanti: oltre a Fiat e ad Alitalia, anche Guzzi, Lucchini, Riello di Lecco, Ratti di Como, Electrolux, Antonio Merloni, PininFarina e Carrozzerie Bertone. E ancora:Granarolo, Campari, Unilever e Natuzzi. Anche diversi distretti industriali sono in difficoltà, dalla lana a Prato e Biella, alla seta a Como, al calzaturiero nelle Marche, al mobile in Puglia e Basilicata fino all’orafo ad Arezzo. Una ’road map’ della crisi che secondo le stime della confederazione di via Po coinvolge oltre il 5% dell’occupazione industriale. LABITALIA
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