Continua, nonostante la crisi economica, la crescita del numero di piccole imprese guidate da cittadini immigrati nel nostro paese. A dirlo è Movimprese, la rilevazione trimestrale condotta per conto di Unioncamere da InfoCamere (la società consortile di informatica delle Camere di Commercio italiane), secondo cui nei primi tre mesi del 2009 sono stati poco meno di 10mila (per l’esattezza 9.975) gli immigrati che hanno aperto un’impresa individuale, mentre altri 7.612 hanno deciso di chiudere la propria azienda. Un saldo positivo, quindi, di 2.363 unità (pari ad un tasso di crescita dello 0,98% a fronte del -0,99% fatto registrare dal complesso delle imprese individuali), che ha portato a fine marzo il numero delle imprese individuali, con un titolare nato in un paese non appartenente all’Unione Europea, al valore di 242.969 unità, il 7,2% di tutte le imprese individuali italiane (3.396.224). “La crisi non fa sconti a nessuno - ha detto il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello - e anche la componente più dinamica dei nuovi imprenditori, quelli immigrati, risente delle difficoltà di questo momento. E’ però significativo - ha aggiunto - che tanti cittadini immigrati, spesso dopo anni di lavoro dipendente, sentano di poter costruire un futuro nel nostro Paese attraverso l’impresa. Il contributo di questi piccoli imprenditori - ha sottolineato Dardanello – è prezioso in termini di valore aggiunto, ormai vicino al 10% del pil, di competenze ma soprattutto di promozione sociale delle persone”. Dardanello ha quindi rimarcato l’importanza che il ‘fare impresa’ può rappresentare in chiave d’integrazione: “E’ un canale che va incoraggiato dalle istituzioni - ha detto - perchè rappresenta una leva fortissima per far crescere l’autostima dei cittadini immigrati e la loro positiva integrazione nel territorio”.
Secondo la rivelazione di UnionCamere poi, la maggiore presenza di imprese di immigrati continua a registrarsi in Toscana, dove la quota di presenze sul totale delle imprese individuali si attesta all’11,6%. Sopra la media nazionale (pari al 7,2%) si collocano anche la Lombardia (10,5%), la Liguria (9,8%), l’Emilia-Romagna (9,7%), il Friuli Venezia-Giulia (9,0%), il Veneto (8,0%), il Lazio (7,7%) e le Marche (7,3%). Le presenze meno significative si hanno invece in Basilicata, Puglia, Molise e Valle D’Aosta, dove le imprese di immigrati rappresentano meno del 4% di tutte le iniziative individuali localizzate sul territorio regionale.
In termini assoluti, la regione con il numero maggiore di iniziative (45.201 imprese) resta saldamente la Lombardia, seguita a grande distanza da Toscana (25.742), Emilia-Romagna (24.864), Veneto (22.048) e Lazio (20.475). Per quanto riguarda la provenienza degli immigrati-imprenditori, oltre la metà (57,4%) di tutte le nuove iscrizioni del primo trimestre dell’anno si devono ai cittadini di cinque soli paesi: nell’ordine, si tratta di Cina (1.846 nuovi titolari, il 18,5% delle nuove iniziative), Marocco (1.680), Albania (1.352), Bangladesh (467) ed Egitto (385). Complessivamente, la classifica per nazionalità degli imprenditori immigrati continua ad essere saldamente capeggiata dal Marocco che, con poco meno di 46mila imprese rappresenta il 18,9% dell’intero fenomeno dell’imprenditoria di origine non comunitaria. A seguire, la Cina (32.965 unità, il 13,6% del totale), l’Albania (26.276, il 10,9%), il Senegal (13.500, il 5,6%) e la Tunisia (11.054, il 4,5%).
Tra le attività e le vocazioni preferite dagli immigrati spicca il settore del commercio con 104.484 attività, pari al 10,3% di tutte le imprese individuali operanti nel settore. Seguono le costruzioni (66.443 unità) e le attivita’ manifatturiere (29.099), gli altri due settori più rappresentativi dell’imprenditoria immigrata. Nel loro insieme, nei tre principali settori opera pertanto l’82,3% di tutte le aziende individuali gestite da titolari immigrati. Tra gennaio e marzo, i saldi positivi più consistenti si sono concentrati proprio in questi tre settori: rispettivamente 1.016 imprese in piu’ nel commercio, 390 nelle attività manifatturiere e 295 nelle costruzioni. Ad esclusione dei settori minoritari, l’unico comparto che nel primo trimestre dell’anno ha fatto registrare un saldo negativo (-127 imprese) e’stato quello dei trasporti, noleggio e comunicazioni.
Nelle attività manifatturiere continua la fortissima tradizione artigianale cinese che, con 14.177 imprese, rappresenta il 74,2% di tutta le iniziative individuali immigrate del settore. Accanto a questa che è la concentrazione in assoluto più elevata, si segnalano anche altre leadership settoriali al di sopra della soglia del 30%, come nel caso delle costruzioni, dove il paese-guida è l’Albania (21.627 imprese, il 32,5% di tutto il comparto), negli alberghi e ristoranti, con la Cina che rappresenta il 33,0% di tutte le imprese immigrate, e nel commercio in cui il paese più rappresentato è il Marocco, con il suo 32,3% di tutte le imprese individuali di immigrati. Quasi un quarto (il 22,9%) delle imprese manifatturiere immigrate risiede in Toscana. Nelle costruzioni, il 23,6% opera in Lombardia, il 17,4% in Emilia-Romagna e il 12,4% in Veneto. Nel commercio, dopo la ‘solita’ Lombardia (12,4% del totale) troviamo la Campania (11,2%) e il Lazio (10,7%) quali regioni piu’ attrattive. Uno ogni quattro tra alberghi e ristoranti ‘etnici’ (il 26,8% del totale) si trovano in Lombardia, l’11,7% sono nel Lazio e l’8,3% in Veneto. Infine, ancora una volta la Lombardia si rivela ‘magnete’ principale (il 32,9% del totale) per l’insediamento di iniziative immigrate nel settore dei servizi alle imprese (attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca). A seguire il Lazio (16,9%) e di nuovo il Veneto (8,9%). LABITALIA
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