La crisi economica morde, ma non scoraggia le donne italiane con la vocazione di imprenditrici. Nei passati dodici mesi, la galassia delle imprese guidate da donne o con forte presenza femminile (circa un quarto del totale delle imprese italiane) ha infatti continuato a crescere, aggiungendo al 30 giugno scorso altre 21.342 unità a quelle esistenti un anno prima. Il bilancio positivo ha portato così il totale delle imprese registrate presso le Camere di commercio a 1.446.543 unità, corrispondente ad una variazione dello stock dell’1,5% a fronte di una sostanziale stabilità dello stock complessivo delle imprese italiane (diminuito dello 0,2% nel periodo). E’ quanto emerge dall’Osservatorio dell’Imprenditoria femminile, l’indagine semestrale realizzata da Unioncamere sulla base dei dati del Registro delle Imprese delle Camere di Commercio presso cui operano, sulla base di un protocollo di intesa siglato nel 1999 tra ministero dell’Industria e Unioncamere - i Comitati per l’imprenditoria femminile. Composti da rappresentanti delle associazioni di categoria presenti sul territorio, i Comitati hanno il compito di realizzare e favorire azioni promozionali a 360 gradi per la valorizzazione dell’imprenditoria femminile, tra cui il concorso ‘Maglia rosa’, ideato per scoprire nuovi talenti, premiare le imprese e valorizzare le attività dei soggetti che operano per favorire le pari opportunità, il rispetto dell’ambiente e del territorio, la qualità del lavoro e l’innovazione. “In un’Italia dove il tasso di occupazione femminile è tra i più bassi in Europa e in cui, alla limitata partecipazione delle donne al mercato del lavoro - spiega il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello - si associa una scarsa presenza ai posti di comando, la componente dell’imprenditoria in rosa si dimostra una preziosa risorsa per garantire un importante contributo al coinvolgimento delle donne nella vita economica del Paese”. “Purtroppo - osserva - sono ancora molti gli ostacoli che limitano le donne nell’esprimere la propria creatività e professionalità nel mondo del lavoro. Alle istituzioni spetta di mettere in campo interventi mirati volti a sostenere le migliaia di donne che ogni anno rischiano in proprio, anche con strumenti e risorse specifici. Il sistema camerale -ricorda Dardanello- ha investito in questa direzione e continuerà a farlo, sia mantenendo accesi i fari sul fenomeno con la pubblicazione, prevista per l’inizio del 2010, del Secondo Rapporto Nazionale dell’Imprenditoria Femminile, sia sostenendo il lavoro dei Comitati per l’imprenditoria femminile in tutto il territorio con il lancio della rete degli sportelli per l’imprenditoria femminile in 85 tra Camere di commercio provinciali e Unioni regionali”. A fronte delle quasi 7.500 iniziative individuali in meno guidate da donne, si sono rilevate poco meno di 29mila nuove società di capitali che, praticamente da sole, hanno più che determinato il saldo positivo del periodo. In evoluzione anche il profilo settoriale in cui scelgono di operare le donne imprenditrici: alla continua riduzione del loro numero in agricoltura (oltre 4mila in meno tra giugno 2008 e giugno 2009), corrisponde un aumento altrettanto consistente nel settore dei servizi alle imprese (servizi immobiliari, attività professionali, informatica): 15mila imprese in più in dodici mesi. La regione che ha contribuito di più al bilancio positivo è la Lombardia, dove si concentra il 28,5% di tutto il saldo, seguita da Lazio e Toscana (rispettivamente con 4.747 e 2.242 imprese in più). Dal bilancio positivo restano escluse soltanto 5 regioni su 20 (Basilicata, Friuli VeneziaGiulia, Liguria, Molise e Valle D’Aosta). Al Centro (oltre 8mila imprese in più, pari ad una crescita del 2,7% su base annuale) l’incremento più consistente. Significativo il contributo dell’imprenditoria immigrata al risultato positivo: quasi il 15% di tutto il saldo si deve infatti alle imprese individuali aperte da donne giunte da paesi al di fuori dell’Unione europea (3.173 in più nel periodo considerato). Il contributo dell’immigrazione alla crescita dell’imprenditoria femminile, rileva Unioncamere, continua ad essere significativo anche in tempo di crisi. Delle 21.342 imprese femminili in più rilevate tra la fine di giugno 2008 e la fine di giugno 2009, il 14,9% (pari a 3.173 unità) è costituito da iniziative imprenditoriali che hanno a capo una donna di nazionalità extracomunitaria. Escludendo la Svizzera, le nazionalità più rappresentate sono quella cinese (13.365 attività), la marocchina (4.162) e la nigeriana (3.094). Tra le prime dieci comunità per numero di presenze, le più dinamiche, nei dodici mesi considerati, sono state le albanesi (cresciute del 15,8%) e le ucraine (+12,6%). Inoltre, le regioni in cui si registra la concentrazione maggiore di donne immigrate titolari d’impresa sono la Lombardia (7.738 imprese, pari al 16% del totale), la Toscana (5.323 imprese, equivalenti ad una quota dell’11%) e il Lazio (4.669 unità, il 9,7% del totale).
LABITALIA
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